La cisterna ricostruita presso il museo all’aperto del Ballenberg è originaria delle catene montuose del Giura. In queste regioni collinari, l’approvvigionamento idrico era talvolta precario per via del sottosuolo calcareo: dove l’acqua si disperde facilmente e anche nel fondovalle scorrono a volte soltanto rigagnoli.
I contadini dell’Alto Giura trovarono soluzioni ingegnose per sopperire alla scarsità di acqua. Le superfici degli ampi tetti erano sfruttate come collettori dell’acqua piovana e di fusione della neve che veniva convogliata in una cisterna da canalette di legno. Quella della fattoria La Recorne ha una capienza di ben 5000 litri.
Lungo le pareti di gronda di una casa contadina venivano sistemate le grondaie sostenute da mensole di pietra che convogliavano l’acqua verso la facciata principale. Da qui, le canalette la facevano affluire al serbatoio – una cantina rotonda a volta posta accanto all’edificio, ricoperta da un manto erboso su tre lati. L’acqua rimaneva pura, al riparo dalle calure estive e non evaporava. La porta precludeva l’incursione degli animali. Prima che venisse installata una pompa di legno, l’acqua era attinta con un secchio.
La penuria d’acqua affliggeva in epoca medievale anche gli abitati e non solo i castelli posti sulle colline o appollaiati sulle falesie. Mentre questi edifici erano spesso attrezzati di cisterne, nei villaggi e nei borghi venivano costruiti pozzi o condutture lunghe chilometri. Il rifornimento idrico presentava problemi maggiori nelle regioni collinari con suoli calcarei, dove l’acqua si disperde facilmente e anche nel fondovalle scorrono a volte soltanto rigagnoli. È questa una situazione comune a tutta la catena giurassiana, da dove proviene la cisterna qui ricostruita.